Le scuole a Singapore chiedono molta partecipazione ai genitori, questo lo sapevo.
Quando mi hanno chiesto, in fase di iscrizione, se avrei partecipato al food festival ho aderito con tanto entusiasmo quanto sufficienza. Non avevo idea di cosa stessero parlando.
Ogni anno, per celebrare le diversità e le differenze culturali, i genitori delle diverse nazionalità si mettono insieme a prescindere dall’eta e dalla classe dei loro figli e organizzano uno stand culinario con cibo tipico del proprio paese.
Ed io che credevo che bastasse fare la solita crostata…
5 kg di pasta
5 kg di sugo di pomodoro
5 kg di focaccia o pizza
5 crostate
500 forchette, piatti e tovaglioli
e olio e parmigiano per condire etc etc
A TESTA!!
purtroppo noi italiani siamo una minoranza etnica e dobbiamo impegnarci un po di piu per soddisfare le 4000 boccucce affamate della scuola.
La prima volta che ho incontrato la coordinatrice del gruppo italia: una volenterosa signora inglese sposata con un australiano che sembra avesse i nonni umbri, ci ha detto di portare kg e kg di pasta già cucinata che avremmo poi condito in loco con cucchiaiate di sugo, ed io gentilmente le ho fatto capire che un “vero” italiano non mangerebbe mai la pasta cotta 6 ore prima, scotta e fredda condita in quel modo. Lei continuava ad insistere che i ragazzi non ci fanno caso.
Come aveva ragione! Questi promettenti adolescenti venivano a reclamare la loro porzione con delle specie di catini pieni di cibo dove la nostra buona pasta o pizza si guadagnava un posticino tra il porridge inglese , i dumpling di taiwan e un curry pakistano.
A parte il fatto che alla fine della giornata, cominciata alle 5 di mattino, ero esausta; è stato molto divertente litigare con la nuova zelanda che spacciava per propria la pizza, vedere tutti questi bambini cosi curiosi ed aperti a tutte le diverse specialità, anche se almeno la metà di loro era allergica a qualcosa o si professava vegetariano, ascoltare per 7 ore consecutive “walking gnangnam stile” riprodotto dallo stand coreano senza tregua ed alla fine ritenersi fortunati perchè abbiamo il cibo migliore del mondo.